Torino fu la prima città italiana ad essere bombardata.
Avvenne già nella notte del 12 giugno 1940. Da tale data e per cinque lunghi anni, la guerra funestò la nostra città, ed il nostro Paese. Una guerra creduta di facile risoluzione, definita come “guerra lampo” dal regime, fiducioso di risolvere in fretta il conflitto solo perché al fianco della Germania, ritenuta militarmente in grado di affermare la propria supremazia sull’Inghilterra.
Il ventre molle dell’Europa, così venne definita l’Italia, dagli inglesi, e si ritrovò da subito davanti all’evidenza di essere fortemente impreparata ad un evento di così immensa e tragica portata.
Si aprì il baratro, già dalle prime ore, che durò per lunghi cinque anni , sino al 25 aprile 1945.
Le nostre città furono così esposte al fuoco alleato, poiché impossibilitate a difendersi. Un solo dato a conferma di ciò: dei 2154 aerei alleati che bombardarono Torino dal’40 al’45, la nostra contraerea riuscì ad abbatterne solamente 15.
In questa situazione di tragedia anche i Vigili del Fuoco combatterono una guerra senz’armi. Un “fronte” non meno pericoloso di quello militare, fatto di bombe, crolli, distruzioni, macerie e lutti. Una guerra combattuta con pochi mezzi e con la tenacia e la rabbia di chi fu lasciato solo a fronteggiare una drammatica situazione.
Si andava a piedi sulle macerie, si scavava con le mani nude, si usava il liquame delle fogne per spegnere gli incendi, si operava per 4/5 giorni consecutivi senza mai chiedere il cambio, ritenuto disonorevole; si soffriva e si gioiva con la gente quando si riusciva a strappare qualcuno vivo da sotto enormi montagne di macerie.
In quei tempi difficili, dove la vita umana era appesa ad un esile filo, i vigili del fuoco rappresentavano un sicuro punto di riferimento e non solo nei tragici momenti del soccorso, ma anche in compiti non prettamente di istituto. Si ospitava la popolazione nei propri rifugi antiaerei e la si sfamava con il proprio cibo. Si nascondevano gli ebrei nelle autobotti per portarli in salvo. Per tutto e questo, e molto altro ancora, circa quaranta i vigili del fuoco torinesi che morirono; tantissimi i feriti. Veri atti eroici compiuti per la difesa della gente, che mai mancò, a sua volta, di tributare riconoscimenti e gratitudine ai pompieri.
I Vigili del Fuoco di Torino sono stati insigniti di una Medaglia d’Oro e di una di Bronzo al Valor Civile
Ripercorrere la storia dei bombardamenti su Torino permette di riscoprire un’immagine della città del tutto inusuale, irriconoscibile per le devastazioni subiti e i cumuli di macerie. Il periodo della guerra non modificò pesantemente solo il tessuto urbanistico della città, ma anche la memoria profonda di chi visse quei tragici giorni. Raccontare la vita quotidiana significa anche ricordare gli effetti peggiori del conflitto sulle persone: i razionamenti, la fame, il freddo, gli allarmi, la corsa nei rifugi.
Archivi pubblici e privati conservano un patrimonio fotografico estremamente ricco e significativo. Attraverso un’attenta ricerca, si è proceduto a distribuire tale materiale in maniera cronologica, dalla dichiarazione di guerra alla fine del conflitto, in modo da creare un percorso espositivo chiaro e di semplice lettura.
L’immagine fotografica è supportata da diversi documenti che ne permettono l’approfondimento, coniugando storia e memoria, fatti e ricordi. Il confronto e l’unione di queste testimonianze consente una rappresentazione oggettiva, in grado di restituire un’immagine nitida e precisa del tempo di guerra e dell’eccezionalità di quei giorni, mediante un impianto narrativo suggestivo e dinamico, attraverso fotografie, video, diari e preziosi cimeli
Il percorso espositivo è organizzato in una serie di sezioni che, seguendo un andamento cronologico, inquadrano differenti temi.
L’IDEA DI UNA GUERRA VITTORIOSA
Il 10 giugno 1940 Mussolini, spinto dalle folgoranti vittorie della Germania, annunciò l’entrata in guerra dell’Italia. Con lo scopo di dimostrare la propria potenza militare, fu subito ordinato il bombardamento dell’isola di Malta, posta sotto protettorato inglese. L’Italia entrò così in un conflitto ritenuto, dalla propaganda di regime, di facile risoluzione.
12 GIUGNO 1940
Molto cambiò nella notte fra l’11 e il 12 giugno, con il primo attacco sulla città. Le forze alleate riuscirono, superando le difficoltà del lungo viaggio, a raggiungere i centri italiani e a colpirli, potendo così dimostrare la capacità organizzativa e militare dei propri aerei. Le autorità cercarono di nascondere la portata dell’avvenimento. Persino i giornali relegarono la notizia tra le colonne interne della cronaca cittadina.
PERCHE’ COLPIRE TORINO
Dagli anni ’20 Torino era in piena fase di evoluzione, divenendo in poco tempo un vero e proprio centro industriale, sede dell’innovazione tecnologica del paese. La città era disseminata di nuovi complessi manifatturieri, anche di importanza nazionale, come la Fiat, per la produzione di veicoli civili e militari, e la RIV, specializzata in cuscinetti a sfera.
UNPA
Nella metà degli anni ’30 fu istituito l’Ufficio Nazionale di Protezione Antiaerea (UNPA), in grado di definire e adottare tutte le misure necessarie per contrastare e ridurre al minimo gli inevitabili danni di incursioni aeree sull’intero territorio nazionale. In particolare, l’UNPA si occupava di attuare i provvedimenti relativi all’oscuramento, la protezione, il rifugio e il soccorso della popolazione.
1940-1942
Il primo ciclo di bombardamenti, iniziato nella notte tra l’11 e il 12 giugno e terminato il 25 ottobre 1942, fu caratterizzato da incursioni notturne compiute da squadriglie di pochi aerei. Lo scopo principale del Bomber Command in queste prime incursioni era quasi esclusivamente volto alla definizione di un piano d’attacco valido e a migliorarne l’efficacia.
VITA QUOTIDIANA
Durante le prime sporadiche incursioni, i torinesi vivevano la propria giornata con la consueta pacatezza. Il vero cambiamento di umore arrivò con l’inasprimento dei razionamenti, in particolare il tesseramento del pane. Con l’intensificarsi dei bombardamenti, la popolazione fu sempre più frequentemente sottoposta alla tensione degli allarmi e alla conseguente corsa nei rifugi, che indebolirono profondamente l’umore e la resistenza dei torinesi.
SALVARE
Statue e monumenti della città furono protetti grazie a strutture di rinforzo, in grado di ridurre gli effetti dei bombardamenti. Mentre la maggior parte delle collezioni dei musei torinesi, come le opere custodite dal Museo Egizio o dai Musei Civici, furono trasferite al castello di Agliè, le cui sale furono segretamente adattate a deposito.
1943
Tra il novembre 1942 e l’estate 1943 per Torino fu l’inferno. Nelle tredici incursioni che seguirono furono sganciate 2003 bombe dirompenti di diverso calibro. Il profilo della città risultò profondamente cambiato e sconvolto, segnato dai continui bombardamenti. Tale era l’obiettivo del Bomber Command, la devastazione sistematica di interi quartieri e zone industriali, accompagnato da un impatto lacerante sulle popolazioni.
RIFUGI
Fin dalla seconda metà degli anni Trenta il Governo emanò una serie di leggi e regolamenti relativi alla costruzione di ricoveri casalinghi e pubblici, adattando cantine e scantinati. Questi sistemi si rivelarono ben presto inefficaci, tant’è che nel 1942 il comune di Torino avviò la costruzione di 45 ricoveri pubblici con tecniche antibomba e anticrollo in varie parti della città. La capienza della totalità dei rifugi permetteva, però, la protezione di solo il 15% della popolazione.
13 LUGLIO 1943
Il 13 luglio 1943 si concentrò su Torino il più duro bombardamento sino ad allora mai compiuto nel nostro paese. 250 Lancaster scaricarono 413 bombe dirompenti e alcune decine di migliaia di spezzoni incendiari, per un totale di 763 tonnellate. Le conseguenze furono spaventose, nessuna zona della città rimase indenne. Oltre ai gravissimi danni provocati agli stabilimenti industriali e al distretto militare, moltissime furono le offese al patrimonio storico.
VIGILI DEL FUOCO
L’attività di soccorso compiuta dai vigili del fuoco fu, per tutti i cinque anni del conflitto, estremamente intensa e complessa, a causa della scarsità di personale e di attrezzature.
I verbali di guerra riportano la stanchezza delle squadre per il duro lavoro e gli atti di eroismo. Da essi traspaiono le difficoltà quotidiane e i mezzi di fortuna spesso impiegati per lo spegnimento degli incendi e il recupero delle vittime dalle macerie.
8 SETTEMBRE 1943
Il giorno della caduta del fascismo, il 25 luglio, e la proclamazione dell’armistizio da parte del generale Badoglio, l’8 settembre 1943, segnarono un punto di svolta politico e militare nel conflitto e, in particolare, nei bombardamenti su Torino.
1944-1945
Durante l’ultimo ciclo di bombardamenti sulla città, furono impiegate bombe di medio calibro che non provocavano eccessivi danni né morti. Diversamente dalle precedenti, queste erano per lo più azioni di disturbo verso gli obiettivi militari, gli scali ferroviari e industriali. Il 5 aprile 1945, venti giorni prima della liberazione, la città conobbe il suo ultimo bombardamento.
BOMBE E BOMBARDIERI
Gli aerei alleati impiegarono diverse tipologie di bombe su Torino. Per le prime incursioni furono impiegate bombe di piccola e media potenza, mentre, quando il conflitto si inasprì, furono adottati ordigni di calibro maggiore, in grado di distruggere un intero isolato. I cacciabombardieri inglesi impiegarono spesso la tecnica dell’area bombing, un’azione combinata compiuta da massicce formazioni di bombardieri, che a più ondate concentravano il loro carico di bombe su una ristretta area cittadina.
L’EPILOGO
Dopo 5 anni di guerra, la città uscì profondamente cambiata e sconvolta: migliaia di morti e feriti, interi quartieri distrutti, danni irreparabili al patrimonio architettonico e al processo produttivo. Ma la voglia di ricominciare e di allontanare il ricordo della guerra permisero alla cittadinanza di ricostruire parte di ciò che era andato perduto e di riprendere a produrre, fino a divenire una delle capitali economiche e industriali del paese.
ALCUNI OGGETTI ESPOSTI
Sussidiario fascista, anno 1937, collezione privata, Torino
Fucile 91/41, 1941, collezione Perrot, Pinerolo (To)
Sciabola da ufficiale, 1940, collezione Cappelletto, Torino
Abiti e corredo nuziale, 1935-1940, collezione Viola Aughero, Calliano (AT)
Divisa da gerarca fascista, 1930-1940, collezione Maupas, Torino
Telegrafo, 1930-1940, collezione Cappelletto, Torino
Registro degli interventi 1942-1943-1944, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco, Torino
Uniforme da pompiere, 1938-1945, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco, Torino
Apparecchio da presa Novedo, 1940-1945, Collezione Bodini-Paravia, Torino
Macchina fotografica di Domenico Scrigna, 1940-1945, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco, Torino
Maschera antigas civile, 1940-1945, Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università, Torino
Macchina per scrivere Olivetti m42, 1942, Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università, Torino
Bomba inglese, 1942, Museo della storia della meccanica e del cuscinetto, Villarperosa (TO)
Modello di cuscinetto, 1940, Museo della storia della meccanica e del cuscinetto, Villarperosa (TO)
Valigetta didattica con bombe, Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia, Torino
Cassa in zinco per trasporto opere, 1942, Museo Civico d’Arte Antica – Palazzo Madama, Torino
Diario di Carlo Chevallard, 1974, Biblioteca Civica Centrale, Torino
Balilla 508C, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco, Torino
Manifesto ricambi Fiat, collezione Soleri, Torino
Riviste Torino, 1940-1941, collezione Viglongo, Torino
Nell’ambito delle celebrazioni per il 70° anniversario da quei tragici giorni, venerdì 21 marzo, nella prestigiosa sede del Palazzo dei Marchesi di Barolo in Torino, è stata inaugurata la mostra storica dal titolo “L’urlo delle sirene – Memorie e immagini di una città bombardata”, con una sezione interamente dedicata all’opera dei vigili del fuoco. Una storia, la nostra, visibile attraverso diverse immagini, oggetti e corredi personali, provenienti dalla ricca collezione storica dell’Archivio Storico del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino.