Trattore Artiglieria TM 69
Materiali
Modello interamente autocostruito
Storia
A metà degli anni ’60 giunse il momento di svecchiare il parco dei trattori TM48 e il TP50 i cui progetti risalivano al periodo bellico, destinati al traino dei pezzi di artiglieria pesante di provenienza americana risalenti anch’essi al secondo conflitto modiale, come gli obici da 155 e 203 e l’obice leggero 155/22. Si decise di rinnovare la classica concezione con carrozzeria torpedo aperta in favore di una a con cassone per il trasporto delle munizioni e cabina allungata con telone scopribile per l’equipaggio. La forma anteriore riprendeva quelle della cabina del CP62 ma di maggiore larghezza, con parabrezza abbattibile per l’avio trasporto e portiere per l’equipaggio. Il cassone di costruzione interamente metallica con pianale in legno era diviso in tre scomparti: uno per gli attrezzi di batteria ed equipaggiamento personale, uno per le cariche di lancio e uno per i proiettili. Poteva trasportare 7320 kg .
Il veicolo a tre assi tutti motrici dotati di ruote semplici di misura 14.00 x20 era dotato di balestre e ammotizzatori per l’assale anteriore, e balestre oscillanti intorno ad un braccio centrale sistemato tra gli assi posteriori. Mosso da un motore diesel a sei cilindri che sviluppava 219 Cv poi portata a 260 Cv, il moto veniva trasmesso tramite un cambio ad otto rapporti avanti e due in dietro grazie al riduttore, era in grado di rimorchiare 15000 kg, peso poco superiore ai pezzi menzionati prima. Posteriormente sotto il cassone era sistemato un verriccello con capacità di sforzo fino a 15 tonnellate che grazie al rinvio di pulegge poteva essere trasferito anteriormente.
Con l’introduzione nel 1973 dell’obice 155/39 FH 70 si rese necessario sviluppare una versione opportunamente modificata dotata di gru idraulica chiamata TM 69 FH. L’installazione dietro la cabina della gru, fatta per agevolare e velocizzare il carico e scarico delle munizioni contenute nei pellets, rese necessario ridurre la lunghezza del cassone che fu completamente ridisegnato.
Da ricordare che su questa ottima meccanica fu ricavata la verisione autogrù AG70 montante una gru di provenienza statunitense.
Il Modello
E’ un po’ difficile descrivere la costruzione di questo modello dato il lungo periodo di gestazione oltre 10 anni, se ben ricordo i primi pezzi risalgono a 13 anni fa; modello più volte messo da parte in attesa della dovuta documentazione di qualche particolare o per mancanza di ispirazione ed in aggiunta un doppio trasloco, a conti fatti raggruppando insieme i vari periodi la costruzione è durata dai 4 ai 5 anni. Dopo esser riuscito a recuperare grazie a Piero Parlani copia dei disegni tratti dal manuale di uso e manutenzione reffiguranti si il veicolo completo che solo il telaio con organi meccanci, iniziai il progetto. Quando scoprii da un demolitore nei pressi di Torino una quarantina di veicoli in vario stato di conservazione ed alcuni resti di telai colmai le lacune della documentazione scattando molte foto dei più minuti dettagli che mi consentirono di proseguire fino al completamento del progetto. Successivamente recuperai anche una copia del manuale uso e manutanzione da cui potei dettagliare il motore e l’ intricato cablaggio del sistema frenante e circuito servizi seguendo lo schema reale circa al 90%.
L’ utilizzo di fotoincisioni si è rilevato indispensabile per una buon numero di particolari: dai parafanghi anteriori ed al paraurti con i predellini, alla piastra forata di protezione della coppa motore, alle gambe delle panche dell’ equipaggio, ai supporti del gruppo di rinvio compresa la sua protezione, senza dimenticare le maniglie di chiusura sponde, il porta taniche, vari ganci gancetti maniglie, le targhe gli specchi retrovisori ed il cruscotto.
Utilizzando un semplice programma ho disegnato la lastra al computer grande circa un foglio A5, facendole realizzare artigianalmente, non erano di qualità come quelle commerciali ma più che soddisfacenti e da un risultato finale apprezzabile, hanno solo richiesto qualche intervento come la reincisione delle linee per la piega una ripassata ai fori e qualche limata sui bordi.
La mia decisione di dettaggliare al massimo il modello si è consolidata col tempo man mano che visionavo la documentazione, giungendo a dettagliare ogni vite bullone o staffa presente nel veicolo reale, permetendomi così di realizzare un modello che definisco “completo” di ogni sua parte, del resto è così che intendo un modello ideale come dovrebbe qualunque di origine commerciale,.
Il modello, per essere verniciato, è stato costruito in modo da poter essere smontato grazie all’ausilio di perni metallici sfilabili e incastri precisi scomposto in un quarantina di parti. Ciò ha permesso di fare le foto che vedete e trasportarlo a varie mostre prima di essere teminato. Ora anche volendo purtoppo non è più possibile smontarlo integralmente perchè alcune sono state fissate ma radiatore motore e cabina si smontano ancora, quest’ ultima si incasta esercitando un leggera pressione con quattro perni che consentono così di tenerla in posizione anche durante il trasporto.
Costruzione
Ho iniziato dalla struttura dei longheroni del telaio con profilati di plastica e dal verricello, a cui ho aggiunto in seguito le parti meccaniche in resina, ricavate dai master che ho dovuto completare in una stragrande quantità per riprodurre tutti i particolari. Per ridurre il numero dei master ho realizzato dove possibile un solo originale di quelle parti che sono speculari radunando in uno tutti i dettagli rimuovendo poi quelli in eccesso; ad esempio i due serbatoi d’aria del circuito frenante, hanno gli attacchi dei tubi e viti di spurgo in posizione differenti, ho messo tutti questi dettagli nel solo originale e rimosso poi quelli del serbatoio interno per quello esterno e viceversa.
Dovendo colare la resina artigianalmente senza ricorrere al vuoto, ho optato per realizzare gli stampi ad una valva sola in modo da evitare il più possibile le bolle d’aria in fase di colata ed i canali di sfogo. Questa tecnica ha permesso di spennellare la resina quando non ancora catalizzata nello stampo, per contro ho avuto la necessità di scomporre molto le parti, aumentando così i pezzi e pezzettini da ripulire con il rischio di smarrirne qualcuno e dimenticare la sua collocazione nella fase di assemblaggio. Ad esempio il motore è scomposto in: frizione, cambio, coppa dell’olio e basamento; i differenziali posteriori in 12 parti; quello anteriore in 9. Questo sistema non è stato utilizzato per ovvi motivi per le ruote, per la parte centrale dei differenziali e qualche altro esiguo pezzo dove non ritenuto vantaggioso.
Dalle foto si nota che anche la parte anteriore della cabina è in resina sia per dare maggiore solidità alla struttura data sua la complessità sia per progetti futuri, mentre la parte restante è nella classica plastica di recupero e non, di vari spessori. Per il tubo di scappamento ho usato pezzi di sprue riscaldati per piegarli opportunamente.
Anche il cassone è in plastica, con l’aggiunta dei dettagli in resina e fotoincisioni, l’unico rammarico è non aver previsto in tempo di lasciare aperta la botola di accesso al verricello, ormai era tardi avrei rischiato di rovinare irrimediabilmente il cassone. Le centine sono in tondino metallico saldato. Tutti i altri cablaggi sono in filo di rame di varie sezioni e guaina di filo telefonico, tutto recuperato da trasformatori e avanzi vari. Altra chicca è stata il cruscotto, partendo dal disegno delle fotoincisioni ho disegnato i quadranti stampati poi con la laser su foglio trasparente da proiezione, ormai quasi introvabili, facendo il solito sandwich sulla base preventivamente colorata di bianco con sopra la parte fotoincisa.
In ultimo il telone della cabina è stata un’altra grande e nuova sfida. Dopo la stesura di milliput bianco su lastra di vetro rendendolo il più sottile possibile, con una dima in carta ricavata dalle centine ho ritagliato la parte eccedente, ho poi adagiando con molta cura il milliput sulle centine dopodichè ho ricreato le pieghe inumidendo la parte interessata con un pennello intriso acqua e con l’ ausilio di uno stuzzicadente. Dopo 24 ore quando perfettamente asciutto ho rimosso il telone, ad esso ho aggiunto poi le finestrature laterali, come nella realtà separate, ricavate da fogli di 0,25 su cui ho incollato carta con trielina per ricreare la rugosità tipica della tela, la parte trasparente è ricavata delle buste postali commerciali che simula perfettamente il nylon e la mica. Gancetti e fibbie ricavati da filo di rame e strisce di alluminio hanno completato i dettagli.
Colorazione
Come fondo ho usato del grigio e la pre obreggiatura con nero e marrone scuro sempre a smalto, le parti inferiori in ombra sono direttamente in marrone e nero. Ho dovuto pianificare in anticipo la colorazione volendo creare un po’ di usura sia del pianale del cassone che del fondo cabina adottando la tecnica della lacca, ho steso rispettivamente XF57 Buff e XF16 Flat Alluninium prima della base verde. La base verde è una miscela di colori Tamiya: XF62 Olive Drab, XF61 Dark Green, XF57 Buff, XF15 Flat Flesh, X2 White; di cui non ricordo le percentuali. Al centro delle sponde e portiere ho spezzato la monotonia cromatica, creando delle sfumature con una miscela più chiara usando gli stessi colori adoperati in precedenza tranne il Buff. Poi con un pennello inumidito d’acqua calda ho rimosso parte del colore appena steso per far affiorare quello sottostante. Il risultato è stato nel compenso buono a tratti ottimo altri meno, a causa la mancanza di esperienza è stato necessario riprendere le scrostature in alcuni punti. La fase successiva è stata l’applicazione dei filtri con gli oli (terra verde, giallo di napoli, bianco, flesh e giallo), profilatura e colature con seppia e terra di siena bruciata, il tutto eseguito in vari passaggi variando la combinazione dei colori ed agendo selettivamente per non avere uniformità e creare il più possibile variazioni cromatiche. Graffi e segni sono a smalto (Humbrol 30 + sabbia) quelli chiari, ad acrilico quelli scuri (XF61), su alcuni di questi ultimi è stato dato un colpo di luce con tonalità più chiara sul bordo inferiore.
Il cassone ha ricevuto un invecchiamento più pronunciato e usando altre tonalità per creare sul pianale un effetto di legno consunto. Sabbia a smalto e Buff usati per graffi e scalfitture del legno, tinte ocra e giallo di marte a olio nei lavaggi selettivi con colore poco diluito. Per finire ho aggiunto qualche tocco di ruggine colature di carburante, olio e grasso nelle parti meccaniche e motore compreso, pigmenti per la polvere, grafite e alluminio Tamiya per le parti metalliche.
Un impasto con polvere di gessetti e acquaragia è stato usato sulle ruote, dipinte precedentemente con sabbia e nero a smalto, quando secco è stato rimosso l’eccesso utilizzando un pennello asciutto con setole rigide. Un altro impasto simile al precedente ma più diluito e servito per gli spruzzi di fango fatti strofinando le setole di un pennello intriso dell’impasto.
Ultima nota sulle insegne, non essendo presenti in commercio decal riguardanti un mezzo così particolare, a parte le bandiere AWD, ho dovuto disegnale gli STANAG con un programma vettoriale e stampati con laser su foglio Tauro Model, grazie all’aiuto di Fabio Sacchi che mi ha inviato alcune foto del suo periodo di leva, ho potuto rappresentare un veicolo della I Batteria del 48° Taro (Brigata Acqui) a L’Aquila nel 1985
Conclusioni
E’ quasi inultile dire che questo progetto ha richiesto tanto impegno e quasi prosciugato ogni mia energia tant’è che è stato accantonato varie volte e ripreso quando sopraggiunti nuovi stimoli, per il resto ora sono molto soddisfatto perchè sono riuscito a superare con successo le varie difficoltà che si sono presentate di volta in volta ed in considerazione di aver applicato e sperimentato tecniche per me nuove
Bibliografia
Ruote in Divisa I veicoli militari italiani 1900-1987
Sito internet: http://www.esercito.difesa.it/