Autoblinda AB 43
Materiali
Modello in resina AB 41 – MS Trade
Cerchioni in resina – ADV Azimut
Fogli di plastica di vari spessori, filo di rame, resina STORI
Storia
Nella seconda metà degli anni trenta anche in Italia si stava delineando il concetto della Divisione Corazzata dotata anche di “un nucleo esplorante” munito di 17 autoblinde. Inizialmente iniziò la valutazione delle autoblinda Steyer, mentre fu iniziato uno studio per lo sviluppo di un nuovo modello nazionale il cui prototipo fu pronto per le prime prove nel 1939, o meglio, in quel periodo furono pronti due prototipi simili uno per il RE e l’ altro per la PAI denominato. Quello PAI fu subito inviato in Africa Orientale dove percorse migliaia di chilometri in ogni condizione fornendo una buona impressone e rispondendo alle esigenze per cui era stato concepito. Dalle esperienze effettuate in Africa e dal RE emerse la necessità di effettuare delle modifiche che portarono ad un modello unico definitivo che venne omologato come AB 40; se ne iniziò la produzione ed i primi esemplari vennero consegnati a partire dal marzo 1941. Sempre nel 1941 vide la luce il modello armato con il cannone da 20mm abbinato alla mitragliatrice Breda 35 da 8mm, derivato dal modello precedente ed armato solo con due mitragliatrici da 8mm in torretta che venne chiamato AB 41. Dopo le prime esperienze in combattimento emersero comunque degli inconvenienti che vennero subito presi in considerazione dall’ Ansaldo ponendo allo studio un nuovo mezzo derivante da queste modifiche, tra cui l’eliminazione della doppi guida e della mitragliatrice posteriore, aumentando così lo spazio all’interno dell’ abitacolo. Questo modello venne denominato ufficiosamente AB 42 ma non venne mai omologato per svariati motivi tra cui il taglio del finanziamento. Sempre nel 1942 su ordine dell’ Ispettorato motorizzate l’ Ansaldo studiò un nuovo prato truppe mezzo denominato ‘AB 42 con cannone da 47/32’ per ovviare allo scarso armamento delle AB a alla modesta velocità dei semoventi. Il veicolo manteneva la are and scarse doppia guida ed aveva la casamatta e la torretta ingrandite e ridisegnate ed utilizzava un nuovo motore più potente da 100 cv. Come soluzione intermedia si pensava di modificare le AB esistenti installando su di esse il cannone da 47/32 su affusto a candeliere recuperato dai carri M, su una sovrastruttura modificata dopo aver eliminando la doppi guida la torretta e il cielo della casamatta. Anche questa versione non superò lo stadio di prototipo dopo le prove di valutazione nel dicembre del 1942, mentre nel frattempo veniva omologata una versione comando per Grandi Unità Corazzate su una richiesta specifica dei reparti operanti in A.S la cuis la cui produzione doveva iniziare nel gennaio del 1943 sotto il nome di ‘Autoblinda comando mod. 42′. Il veicolo di prova fu derivato trasfor- mando un prototipo targato RE 116 B in cui eliminata la torretta si era rialzata la casamatta lasciandola a cielo aperto e riadattandone l’ interno per renderlo alla esigenza.
All’inizio del 1943 vennero ordinate all’ Ansaldo 360 AB di nuova concezione denominate ‘AB 43′. In tal senso non si trattava d’altro che della AB 42 con can- none da 47/32. Il primo prototipo fu presentato nel maggio dello stesso anno; non rappresentava ancora lo scafo della versione definitiva ma quello classico, era mosso da un nuovo motore da 110 cv. Il veicolo fu giudicato pericoloso data la sua velocità e la frenatura insufficiente se guidato da personale inesperto e si riscontrarono difetti tra connessione delle lamiere con la conseguente infiltrazione dell’ acqua piovana e la mancanza di protezioni antisabbia nella torretta. L’omologazione definitiva avvenne nell’agosto del 1943 e a causa degli avvenimenti del 8 settembre non fu mai prodotta in serie. Dopo l’ armistizio venne costruita per i tedeschi una versione definita anch’essa AB 43 203(i), che non era altro che un ibrido con lo scafo della AB 41 e la nuova torretta allargata della AB 42 ed, infine, con il motore della AB 43 depotenziato.
Il Modello
L’autoblinda AB 41 è sempre stato un mezzo che mi ha attratto tant’è che una quindicina di anni fa ne iniziai un’autocostruzione mai portata a termine. L’AB 43 che sarebbe l’ultimo stadio evolutivo della serie AB non poteva certamente lasciarmi indifferente, perciò con l’avvento dei modelli in resina sono entrato in possesso del modello della MST con l’intento di riprodurre questa versione.
Il modello della MS Trade è di scarsa qualità. Ci sono diversi errori nelle misure, è stretto di 2 mm (purtroppo me ne sono accorto solo a modello in avanzata fase di colorazione). La parte frontale deve essere rivista come anche gli alloggiamenti dei parafanghi che vanno ampliati, i bulloni sono sovradimensionati ed alcuni stampati male. Le ruote sono proprio brutte incomplete ed errata per cui ho deciso di utilizzare i cerchioni dalla Azimut che hanno anche la scritta SPA nel mozzo, mentre per le ruote ho deciso di autocostruirle perché quelle della Azimut sono piccole e non hanno il battistrada corretto, cioè manca la parte a zig zag tipica del pneumatico Libia.
Costruzione
Per prima cosa ho posto rimedio agli errori di base. Facendo riferimento alle foto del mezzo reale, ho asportato materiale negli alloggiamenti dei parafanghi con una fresa fino a raggiungere la corretta curvatura. Ho rimosso tutti i bulloni che saranno sostituiti con altri più adeguati. Ho aggiunto degli spessori alla parte frontale per correggerne il profilo è una buona stuccatura per eliminare le varie imperfezioni.
Partendo da un disegno non perfetto tratto da un libro e con l’ausilio delle poche fotografie disponibili ho ricavato misure della torretta con una buona approssimazione. In questi casi è normale che ci sia qualche errore, del resto anche i modelli delle migliori marche hanno sempre qualche errore nelle dimensioni: I’ importante però è dare lo stesso aspetto del mezzo reale ricalcandone le forme.
Con l’ausilio del PC ho eseguito dei disegni in pianta della torretta e delle lastre che la compongono compreso lo scudo del cannone, inoltre ho realizzato anche i disegni dalla parte superiore dello scafo nei quali ho segnato la posizione dei bulloni. Queste dime mi sono poi servite per tagliare i vari pezzi in plastica
Dalla documentazione fotografica in mio possesso ho notato che le staffe di ancoraggio delle ruote agli ammortizzatori fornite nel kit sono errate, ho quindi utilizzato un pezzo ricavato dal kit della Sahariana della vecchia ITALSEDI, mentre, per gli altri particolari, compresi i giunti della trasmissione, li ho ricostruiti integralmente. Un disegno dello sviluppo del battistrada, fatto anch’ esso con il PC, mi ha permesso di tagliare varie strisce di plasticard che ho poi incollato su i una ruota di dimensioni opportune da cui avevo precedentemente rimosso il battistrada originario. Dopo avere duplicato in resina tutti questi pezzi ho assemblato le ruote. Ho voluto posizionare il modello con le ruote sterzate per dare un’ aspetto di movimento, in questo caso e bene ricordarsi che tutte e quattro erano sterzanti. Ho fatto diverse prove a secco prima di fissare definitivamente le staffe alle ruote anche perchè toccassero tutte il terreno. Ho modificato la parte superiore dello scafo in incollando con del ciance con del cianoacrilico. Ho posto molto cura nello stuccare la parte superiore dove viene collocata la à perché nella realtà era una lastra unica di acciaio. Ho ricostruito la parte superiore degli sportelli di accesso laterali con le relative grondaie e cerniere. Utilizzando della plastica sottile da 0,3 mm ho costruito i parafanghi con il bordo arrotondato e la striscia di rinforzo sulla carrozzeria coprendo così le imperfezioni create dall’utilizzo della fresa usata per ampliare la curvatura degli alloggiamenti. Altre migliorie sono state apportate alle cerniere dei vari sportelli, al tappo benzina, alle pale, ai supporti degli attrezzi e dei fari con il relativo cavo. Ho costruito ex novo il piccone, i ganci traino, le trombe e la marmitta perché in questa versione era differente. Usando sempre delle dime di carta ho segnato con una punta da tracciare (i meccanici sanno bene cos’è) la corretta posizione dei bulloni, usando uno stecchino li ho fissati uno alla volta con della colla vinilica per poterne curare l’allineamento. Partendo anche in questo caso dai disegni fatti precedenza, ed utilizzando della plastica da 1 mm, ho costruito la torretta e lo scudo del cannone facendo sempre riferimento alle foto reali. Dopo aver aggiunto tutti i particolari, compreso lo sportello di accesso, sono passato ai bulloni: fortunatamente in questa versione la torretta era quasi interamente saldata tranne che sullo scudo frontale nella parte inferiore. La canna del cannone è stata tornita in metallo da un socio del club che gentilmente si è prestato (grazie Sergio). Dimenticavo di dire che i bulloni li ho riprodotti in resina duplicando lo scudo frontale del 75/18 della Italeri dove quelli di fissaggio del cannone allo stesso sono più grossi come nella realtà cosa peraltro valida anche per la AB 43.
Dopo avere aggiunto gli ultimi particolari come le taniche con i relativi supporti sono passato alla verniciatura (questo prima di fissare torretta e ruote allo scafo).
Colorazione
Dalle poche foto si vede che la mimetica adottata è quella classica a tre toni consistente in grosse chiazze marrone rossiccio e giallo sabbia applicate su una base grigioverde tipica di quel periodo. Per tale colorazione ho usato degli smalti Humbrol applicati ad aerografo, miscelando vari colori per ottenere le tonalità desiderate. Dopo una base di grigio per uniformare i vari materiali in cui ho dato varie sfumature partendo dalle più chiare nelle parti più esposte alla luce via via più scure negli interstizi, fino ad un grigio scuro quasi nero nella parte interna dei parafanghi per creare un effetto di preombreggiatura. Dopo questa prima sono passato alla mimetica vera e propria.
Ho proseguito invecchiando lievemente il modello trattandosi di un prototipo e non un mezzo operativo, usato solo in prove di valutazione. Dopo un lavaggio con terra di siena ad olio, ho eseguito varie passate con la tecnica del pennello asciutto usando i colori di base schiariti. Qualche piccolo tocco d’argento sporcato con grigio chiaro è stato dato nei punti esposti a più usura. Le taniche sono state dipinte in tonalità differente per farle risaltare con il resto del model- lo, subendo poi un invecchiamento più marcato. In seguito sono passato ai particolari come pale, piccone e marmitta. Nei fanali posteriori dopo averne dipinto l’interno d’argento ho aggiunto i vetrini recuperati dalla scatola degli avanzi incollandoli con vinavil. I pneumatici inizialmente li ho dipinti in grigio panzer leggermente scurito con il nero; sono seguiti vari passaggi con grigio più chiaro. Per concludere è seguito un lavaggio effettuato con del nero, e, sul battistrada, ho dato una ulteriore lieve passata con giallo sabbia.
Per finire ho spruzzato nella parte inferiore del modello del colore terra per simulare lo sporco e gli spruzzi accumulatisi durante le prove valutative.
Base
Volevo ambientare il modello all’interno della fabbrica traendo spunto da alcune foto d’epoca scattate allo interno dell’Ansaldo in cui erano visibili vari prototipi, tra cui l’AB43. Su di una base di legno ho fissato una base in gesso su cui ho inciso la pavimentazione di porfido; in un angolo ho inserito due pezzi di plastica simulanti un tratto di binario inserito nella pavimentazione, cosa frequente negli stabilimenti industriali. Prendendo sempre spunto dalle foto di cui parlavo prima ho costruito la quinta rappresentante una parte di capannone, con tanto di vetrata usando un pezzo di legno ricoperto di stucco bianco per il muro e dell’ acetato ricavato da una scatola di camicia per la vetrata.
Ho iniziato a stendere varie tonalità di smalto grigio diluito con il pennello, e questo per non avere una tonalità uniforme giocando sulla quantità di colore assorbita dal gesso. In seguito, dopo aver eseguito dei lavaggi con nero e terra di siena ad olio, ho iniziato la lumeggiatura selettiva con grigi più chiari in varie tonalità tendenti al verde e al rosso, schiarendoli anche con del bianco ad ogni passaggio. Il muro del capannone è stato dipinto anch’esso in grigio, ma in una tonalità differente, su cui ho applicato vari lavaggi ad olio per simulare le colature.
Per ultimo ho dipinto il binario, quello interno in ruggine con qualche lumeggiatura metallica, mentre quello esterno in grigio su cui ho poi passato la mina di una matita per lucidarlo, perché il passaggio dei vagoni avviene in quello esterno mentre quello interno serve solo per guida ed per bloccare i blocchi di porfido il cui spostamento potrebbe intralciare il passaggio.
Bibliografia
Dalla Libia al Libano: Nicola Pignato
Motori: Nicola Pignato
Atlante Mondiale dei Mezzi Corazzarti: Nicola Pignato
La Motorizzazione del Regio Esercito 1939/45: U.S.M.E.
Storia Militare nn. 1 e 2